Codice Civile art. 337 quater - Affidamento a un solo genitore e opposizione all'affidamento condiviso (1).

Annachiara Massafra

Affidamento a un solo genitore e opposizione all'affidamento condiviso (1).

[I]. Il giudice può disporre l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore.

[II]. Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l'affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l'affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell'articolo 337-ter. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell'interesse dei figli, rimanendo ferma l'applicazione dell'articolo 96 del codice di procedura civile.

[III]. Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.

(1) Articolo inserito dall'art. 55, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154. Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014.

Inquadramento

La disposizione in commento, che riproduce il previgente art. 155-bis c.c., ribadisce quanto già previsto dall'art. 337-ter c.c. e prevede nel comma 3, un rimedio al vuoto normativo lasciato dal precedente art. 155 c.c. (in merito: Arceri, 1256; Morace Pinelli, 795). In particolare, il nuovo art 337-quater c.c., in perfetta armonia con l'art. 337-ter c.c., prevede che il giudice possa disporre l'affidamento esclusivo qualora, con provvedimento motivato, ritenga che l'affidamento condiviso non corrisponda all'interesse morale e materiale della prole. In tal caso si dispone l'affidamento esclusivo facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti al primo comma dell'art. 337-ter c.c. e, quindi, in primis il suo diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori.

L'eccezionalità dell'affidamento esclusivo è confermata dalla necessità di motivare il provvedimento indicando gli elementi che attestano il pregiudizio che il minore subirebbe se fosse affidato anche all'altro genitore (Bianca, 238). Tale valutazione potrà essere effettuata sia all'inizio del procedimento, al momento, cioè, dell'adozione del provvedimento relativo ai figli di cui all'art. 337-ter c.c., sia successivamente, su impulso delle parti (sul punto si veda anche il commento relativo al successivo art. 337-quinquies c.c., al quale pertanto si rinvia). In quest'ultimo caso, tuttavia, dovranno verificarsi nuove circostanze che rendano necessario il mutamento del regime di affidamento e, ove la richiesta risulti essere palesemente infondata, ferma restando l'applicabilità dell'art. 96 c.p.c., il comportamento del genitore potrà peraltro essere oggetto di valutazione da parte del giudice ai fini della determinazione del provvedimento da adottare nell'interesse dei figli.

Il comma 3 dell'art. 337-quater c.c. riproduce il contenuto del comma 4 dell'art. 6 della l. n. 898/1970 (c.d. legge sul divorzio), riconoscendo al genitore non affidatario un ruolo di rilievo nella crescita dei figli. Esso disciplina l'esercizio della responsabilità genitoriale nel caso di affidamento ad un solo genitore. Secondo la disposizione in commento, ferma la titolarità della responsabilità genitoriale di entrambi i genitori, quello al quale sono affidati i figli, salvo diverso provvedimento, ha l'esercizio esclusivo di essa ma deve attenersi alle condizioni prescritte dal Giudice (Morace Pinelli, 797). Per le questioni di maggiore interesse la decisione deve invece essere assunta di comune accordo tra i genitori, fermo restando il potere di vigilanza sull'educazione ed istruzione dei figli in capo al genitore non affidatario.

Deve osservarsi, fin d'ora, che l'affidamento monogenitoriale implica, di regola, un giudizio negativo sulla persona dell'altro genitore che, pur senza integrare le condotte di cui agli artt. 330 c.c. e ss., può trarre origine dalla sua inidoneità a svolgere il proprio compito educativo, dal un rifiuto immotivato espresso dalla prole nei suoi confronti, o l'incapacità a preservare l'altra figura genitoriale (Arceri, 1256; sul punto altresì Morace Pinelli, 787).

Affidamento monogenitoriale ed esercizio della responsabilità genitoriale

Dubbi interpretativi sono sorti in merito al comma 3 dell'art. 337-quater c.c. nella parte in cui prevede che «se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione del provvedimento da adottare nell'interesse dei figli, rimanendo ferma l'applicazione dell'art. 96 del codice di procedura civile».

La condotta di chi presenti una richiesta di affidamento esclusivo infondata deve essere oggetto di attenta valutazione da parte del giudice ma deve escludersi che possa determinare, di per sé, un provvedimento del giudice che modifichi l'affidamento da condiviso in esclusivo. Diversamente opinando, si attribuirebbe all'affidamento esclusivo in favore dell'altro genitore una funzione sanzionatoria mentre, come osservato in dottrina, i provvedimenti riguardo ai figli sono adottati solo ed esclusivamente nel loro superiore interesse, non certo per sanzionare la condotta del genitore che ponga in essere comportamenti inappropriati (Auletta, 717, con riferimento alla previgente disposizione).

La condotta che si concreti, di fatto, nell'opposizione all'affidamento condiviso, che poi risulti essere manifestamente infondata, potrebbe, diversamente, costituire un argomento di prova ex art. 116 c.p.c. circa l'inadeguatezza del genitore, che l'ha proposta, a provvedere alla cura, educazione ed istruzione del minore, che dovrà essere valutato unitamente ad altre circostanze (Zanetti Vitali, 20; Auletta, 716). Un'istanza palesemente infondata oltre che denigratoria nei confronti dell'altro genitore ben potrebbe difatti dimostrare l'inidoneità genitoriale dell'istante, incapace di preservare l'altra figura di riferimento del minore (Morace Pinelli, 802).

Con riferimento alle modalità di esercizio della responsabilità genitoriale, si ritiene che il terzo comma si riferisca esclusivamente all'ipotesi di affidamento esclusivo e che disciplini il solo profilo interno della responsabilità, quello relativo alle modalità di assunzione delle decisioni riguardo ai figli (Cospite, 761). In particolare, il genitore non affidatario partecipa all'assunzione della decisione ed alla determinazione delle modalità attuative mentre l'esecuzione della decisione spetta al genitore affidatario (in questo senso, Morace Pinelli, 798, il quale ritiene che tale modalità di esercizio della responsabilità genitoriale riguardi anche il compimento di atti di natura patrimoniale).

Una volta che sia stato disposto l'affidamento monogenitoriale, l'affidatario esercita, dunque, la responsabilità genitoriale in modo esclusivo con riferimento alle decisioni di ordinaria amministrazione, mentre le decisioni di maggiore importanza sono comunque assunte di comune accordo da entrambi i genitori, salvo diversa decisione del giudice (Morace Pinelli, 799, include anche le statuizioni relative all'amministrazione del patrimonio).

Affidamento monogenitoriale, responsabilità genitoriale e questioni di maggiore interesse per il figlio

È possibile che l'autorità giudiziaria, oltre a disporre l'affidamento esclusivo, ritenga necessario intervenire anche in merito alle decisioni relative alle questioni di maggiore interesse per il figlio. In questo caso bisogna chiedersi fino a quale punto il giudice possa disciplinare le modalità di assunzione delle decisioni di maggiore interesse e se, in particolare, possa escludere totalmente il genitore non affidatario da qualsivoglia decisione che riguardi il figlio. La risposta positiva al quesito, già fornita dalla giurisprudenza di merito e resa da parte della dottrina, comporta che l'affidamento esclusivo produca lo stesso effetto di un provvedimento di decadenza dall'esercizio della responsabilità genitoriale.

Ne consegue però che il genitore «verrebbe completamente spogliato dall'esercizio della responsabilità genitoriale» (Cospite, 761).

In questo modo, tuttavia, il Giudice competente a decidere le controversie di cui all'art. 337 bis c.c. e durante la pendenza del relativo procedimento, emette un provvedimento nella sostanza equiparabile ad una pronuncia di decadenza dall'esercizio della responsabilità genitoriale. La Giurisprudenza (vedi infra) ammette tale possibilità attraverso il c.d. affido «superesclusivo», anche alla luce del nuovo art. 38 disp. att. c.c. e del principio della concentrazione delle tutele in esso contenuto, mentre in dottrina sono state manifestate perplessità (vedi infra).

Nel dettaglio la disposizione di cui all'art. 337-quater c.c. prevede che il genitore cui siano affidati i figli in via esclusiva abbia l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale sugli stessi, salva diversa disposizione del giudice, e prevede che, sempre salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli siano adottate da entrambi i genitori. Nel medesimo comma, quindi, vengono attribuiti al giudice ampi poteri circa la modalità attraverso la quale esercitare la responsabilità genitoriale. Sicché, come è stato osservato, egli potrebbe disporre, nell'ambito di un affidamento esclusivo, che le decisioni di ordinaria amministrazione debbano essere decise congiuntamente da entrambi i genitori.

Tale dottrina ritiene in particolare che la differenza tra affidamento esclusivo ed affidamento condiviso consista nel fatto che in quest'ultimo l'esercizio della responsabilità genitoriale spetti necessariamente ad entrambi i genitori, sia sulle questioni di maggiore interesse che su quelle ordinarie (salvo, per queste ultime la possibilità di disporre l'esercizio disgiunto). L'affidamento esclusivo, invece, è «a geometria variabile», potendo essere potendo essere attribuito l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su tutte le questioni, sia ordinarie che di maggiore interesse, e, quale estremo opposto, essere attribuito l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale solo su alcune questioni ordinarie, dovendo invece tutte le altre questioni, sia ordinarie che di maggiore interesse devono essere decise di comune accordo ( Cospite, 761).

Come sopra evidenziato la Giurisprudenza di merito ritiene possibile escludere un genitore totalmente dalle decisioni riguardanti il figli: in tal caso si fa riferimento al c.d. affido superesclusivo.

Con particolare riferimento al cosiddetto «affido superesclusivo», sopra richiamato, particolare importanza riveste la decisione di Trib. Milano, 24 marzo 2014 (in Nuova giur. civ. comm., 2014, 1182).

Nel caso di specie, il giudice, nell'ambito di un processo di separazione tra coniugi, ha disposto, dopo aver ritenuto uno dei due genitori inidoneo all'esercizio della responsabilità genitoriale, un affidamento monogenitoriale escludendo il diritto di visita del padre ed escludendo l'uomo da tutte le decisioni relative al figlio, salvo il potere di vigilanza. La decisione è stata adottata in forza di gravi emergenze probatorie caratterizzate non solo dal mancato assolvimento dell'obbligo di mantenimento ma anche e soprattutto dal disinteresse dell'uomo nei confronti del figlio, da condotte di maltrattamenti in danno della madre nonché dal contenuto di comunicazioni tra i genitori evidenzianti anche minacce, rivolte dal padre, residente all'estero, e dirette alla madre del minore. Trattavasi in particolare della prospettazione di una sottrazione del figlio in caso di mancato assenso alle modifiche delle condizioni di separazione predisposte dallo stesso minacciante.

Nel descritto contesto è stato dal Giudice escluso che l'art. 337-quater, comma 3, c.c., possa incidere sulla titolarità della responsabilità genitoriale, evidenziando che si trattava di rimettere al genitore affidatario anche l'esercizio in via esclusiva della responsabilità genitoriale con riguardo a questioni fondamentali. Questa concentrazione di genitorialità in capo ad uno solo dei genitori non è stata poi ritenuta tale da incidere sulla titolarità della responsabilità genitoriale, modificandone solo l'esercizio. All'esito del giudizio negativo in merito alle capacità genitoriali del padre, il Giudicante ha infine ritenuto necessario attribuire alla sola madre l'esercizio della responsabilità genitoriale, anche con riferimento alle questioni di maggiore importanza, al fine di evitare che potesse essere ostacolata dal completo e totale disinteresse del padre.

I principi posti a fondamento dell'affidamento esclusivo nella giurisprudenza di legittimità

Ampia è, peraltro, la casistica in tema di affidamento esclusivo e di mancata sussistenza dei presupposti per la sua applicazione, per cui si darà di seguito risalto, per quanto concerne la giurisprudenza di legittimità, alle fattispecie recentemente sottoposte al vaglio della Suprema Corte.

Nel commento all'articolo 337-ter c.c. è stata trattata la problematica relativa alla conflittualità tra i coniugi, con particolare riferimento ai casi nei quali la stessa non sia ostativa all'affidamento condiviso.

Come già evidenziato nella relativa sede (commento all'art. 337 ter c.c.), l'affido condiviso dei figli può essere escluso solo ove la sua applicazione risulti «pregiudizievole per l'interesse del minore». Di talché, esso non può ritenersi precluso dalla mera conflittualità esistente tra i coniugi, poiché avrebbe, altrimenti, un'applicazione solo residuale, finendo di fatto con il coincidere con il vecchio affidamento congiunto (da ultimo Cass. I. n. 6535/2019). Né tanto meno esso potrebbe essere precluso dalle mere inclinazioni sessuali del genitore (Cass.I, n. 16593/2008, in Nuova giur. civ. comm., 2009, I, 68, con nota di Mantovani, in fattispecie inerente asserita omosessualità di un genitore, i rilievi di essa sull'idoneità educativa oltre che la considerazione della conflittualità ai fini dell'affidamento).

In applicazione di tale principio Cass. I, n. 27/2017, nel confermare il proprio orientamento, ha ritenuto non sorretta da adeguata motivazione la decisione della Corte di merito, in una fattispecie relativa alla conflittualità tra coniugi, con la quale era stato disposto l'affidamento esclusivo senza tuttavia motivare in merito al pregiudizio che esso avrebbe comportato per il minore, escludendo, a tal fine, che potesse essere idonea motivazione la necessità di assicurare rapidità nelle decisioni riguardo ai figli.

Differentemente dalle fattispecie già innanzi analizzate, vi sono casi nei quali non la mera ma la grave conflittualità può rendere opportuno, nell'interesse del minore, l'affidamento esclusivo.

In particolare, Cass. I, n. 18559/2016 ha ritenuto preferibile l'affidamento esclusivo nel caso di grave conflittualità esistente tra i genitori e la commissione di reati da parte dell'uno nei confronti dell'altro, atteso che questi costituiscono fatti dotati di rilevante influenza sul regime di affidamento più consono, in virtù della preminenza che riveste in tali procedimenti l'interesse del minore, da intendersi come riferito alle sue fondamentali ed imprescindibili esigenze di cura, educazione, istruzione e sana ed equilibrata crescita psicologica (sul punto si veda anche Cass.I, n. 5108/2012).

Il criterio fondamentale in tema di affidamento dei minori, cui deve attenersi il giudice della separazione, è difatti costituito dall'esclusivo interesse morale a materiale della prole, previsto in passato dall'art. 155 c.c. ed oggi dall'art. 337 ter c.c., e richiede un giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con le quali ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo, con particolare riguardo alla capacità di relazione affettiva, nonché mediante l'apprezzamento della personalità del genitore. Tale valutazione deve guidare l'interprete nella scelta del genitore collocatario nonché nella scelta, residuale, dell'affidamento esclusivo.

In applicazione di tale principio Cass. VI-I, n. 14728/2016 ha ritenuto che la scelta spirituale di uno dei genitori di aderire ad una confessione religiosa diversa da quella cattolica (nella specie quella dei Testimoni di Geova) non possa costituire ragione sufficiente a giustificare l'affidamento esclusivo dei minori all'altro genitore, in presenza di emergenze probatorie per le quali entrambi i coniugi risultino idonei ad esercitare la responsabilità genitoriale, legati ai figli e capaci di accudirli nella quotidianità.

Per converso, ove si accertasse in capo ad uno dei genitori (nella specie il padre in un contesto nel quale anche la famiglia d'origine assuma la medesima condotta) un comportamento gravemente denigratorio nei confronti dell'altro, tale condotta può determinare l'affidamento esclusivo del minore in quanto espressione della incapacità a preservare i rapporti tra figlio e genitore e dimostrativa del pregiudizio che ne deriverebbe allo sviluppo psicologico del minore nel caso in cui venga disposto l'affidamento condiviso. In particolare, Cass. I, n. 17191/2011 in applicazione del principio ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva affidato la minore in via esclusiva alla madre avendo motivato il suo convincimento sugli effetti pregiudizievoli che ne sarebbero potuti derivare allo sviluppo psicologico dall'affidamento condiviso, sia — in positivo- con riguardo alla capacità genitoriale riscontrata nella madre sia — in negativo — con riguardo alla particolare situazione del rapporto del padre con la sua famiglia di origine ed in tale contesto al comportamento gravemente denigratorio assunto nei confronti della genitrice.

In questo contesto assume particolare rilievo Cass. I, n.13217/2021 che ha cassato la decisione nella quale la corte di merito aveva disposto l’affido "super-esclusivo" al padre, in considerazione della gravità dei comportamenti della madre, trascurando però di valorizzare il suo positivo rapporto con la minore e senza operare una più ampia valutazione circa la possibilità di intraprendere un percorso di effettivo recupero delle capacità genitoriali. L’ordinanza, nel dettaglio ha affermato, in aderenza a quanto statuito da Cass. I, n. 6919 del 2016, che qualora un genitore denunci i comportamenti dell'altro tesi all'allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una sindrome di alienazione parentale (nella specie nella forma della sindrome della cd. "madre malevola"), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova comprese le consulenze tecniche e le presunzioni, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l'altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena.

La sistematica violazione degli obblighi di cura, assistenza e mantenimento può, parimenti, rendere opportuno nell'interesse del minore l'affidamento esclusivo (in merito si veda Trib. Roma, 25 novembre 2013, n. 23620; da ultimo Cass. VI-I, n.20622/2017 che ha escluso l'affidamento condiviso nel caso di un genitore già dichiarato decaduto dall'esercizio della responsabilità genitoriale).

Diversamente il mero stile di vita della madre, ritenuto non consono sotto il profilo morale in riferimento peraltro ad imprecisate vicende relative al contesto familiare di appartenenza della stessa., non è idoneo a derogare all'affidamento condiviso (Cass. I, n. 17137/2017).

D'altro canto, la condotta antidoverosa del coniuge, cui, in ipotesi, va riferito l'addebito della separazione, non contrasta in alcun modo con la collocazione del minore presso lo stesso, tenuto conto che la violazione dei doveri del matrimonio (nella specie, per condotte aggressive, irrispettose ed infedeli della moglie verso il marito) può non tradursi anche in un pregiudizio per l'interesse del minore, non nuocendo al suo corretto sviluppo psico-fisico, né compromettendo il suo rapporto con il genitore.

In tali termini si è espressa Cass. I, n. 17089/2013 la quale ha ritenuto che la condotta materna «disinvolta nella vita di relazione» non necessariamente determini l'esclusione dell'affidamento condiviso ove essa non abbia effetti pregiudizievoli per la serena crescita del minore. Nella specie è stato verificato il positivo sviluppo della minore e la sussistenza di positivi rapporti con i genitori ma comunque disposto un incarico di vigilanza al servizio sociale per riferire periodicamente al giudice tutelare se ed in quale misura la minore potesse essere coinvolta e risentire dei predetti comportamenti.

Affidamento condiviso e lontananza del genitore

La circostanza che uno dei due genitori risieda in luogo diverso rispetto a quello in cui risiede il figlio non è di per sé ostativa all'affidamento condiviso ma dovrà essere oggetto di valutazione unitamente alle ulteriori circostanze esistenti.

L'affidamento condiviso non può difatti ragionevolmente ritenersi precluso dalla oggettiva distanza esistente tra i luoghi di residenza dei genitori, potendo essa incidere soltanto sulla disciplina dei tempi e delle modalità della presenza del minore presso ciascun genitore (ex plurimis:  Cass. I, n. 27/2017, e Cass. VI-I, n. 24526/2010).

Il condivisibile principio di cui innanzi è stato tuttavia oggetto di successivi temperamenti da parte della medesima giurisprudenza di legittimità.

In merito Cass. I, n. 977/2017 ha ritenuto che, ove il genitore viva all'estero, possa essere disposto l'affidamento esclusivo se maggiormente confacente alle esigenze del minore. Nel caso di specie, la madre si era trasferita all'estero e, pur mantenendo contatti regolari con il figlio, via Skype o per telefono, non si recava in Italia da molto tempo (pur essendo stati auspicati dal consulente tecnico almeno tre incontri per anno). In questo contesto, il Giudice di merito aveva ritenuto che la partecipazione della madre alle decisioni più importanti riguardanti il figlio sarebbe stata pregiudizievole per lo stesso, in quanto sarebbe avvenuta in assenza di qualsiasi rapporto significativo con il figlio (salvo quelli per telefono o via Skype).

La Suprema Corte, nella specie, ha affermato che la regola dell'affidamento condiviso dei figli è derogabile solo ove la sua applicazione risulti «pregiudizievole per l'interesse del minore». Quanto detto si verifica nell'ipotesi in cui il genitore non collocatario si sia reso totalmente inadempiente al diritto di visita perché residente all'estero, essendo tale comportamento indicativo della inidoneità ad affrontare quelle maggiori responsabilità che l'affido condiviso comporta anche a carico del genitore con il quale il figlio non coabiti stabilmente. Ne consegue che, non preclusiva in astratto dell'affidamento condiviso, la distanza tra i luoghi di residenza dei genitori dovrà essere valutata unitamente alla condotta tenuta dal genitore ed alla sua idoneità ad esercitare la responsabilità genitoriale ed a garantire i diritti fondamentali del figlio, in primis il diritto alla bigenitorialità  (in questo senso Cass. I, n. 6535/2019; da ultimoCass. I, n. 21054/2022).

Avversione del figlio, malattia del genitore ed affidamento esclusivo

Particolare importanza riveste, in tema di affidamento esclusivo, l'avversione del figlio nei confronti del genitore.

La Corte d'appello di Roma, in particolare, ha ritenuto ostativo all'affidamento condiviso il netto rifiuto di una figlia nei confronti della figura materna. La fattispecie prende in considerazione il problema della capacità dell'adolescente di assumere decisioni consapevoli e di esprimere validamente la propria volontà che, ove presente, non può non essere considerata ai fini della decisione che deve tendere a tutelare il suo superiore interesse (App. Roma, 4 aprile 2007; in merito si veda Trib. Mantova, 30 gennaio 2007, in Ilcaso.it; si veda altresì: Cass. I n. 3776/1983). La volontà del minore ed il suo eventuale rifiuto nei confronti di uno dei due genitori, devono quindi essere considerate ma non possono, in assenza di ulteriori circostanze, determinare scelte non corrispondenti alla situazione di fatto esistente all'interno della famiglia disgregata. In particolare, non può disporsi l'affidamento in via esclusiva ad un genitore, comunque ritenuto inidoneo a svolgere il ruolo genitoriale, solo perché il figlio rifiuta l'altra figura genitoriale al fine di rendere consapevole il genitore affidatario nell'esercizio della responsabilità genitoriale (sul punto si veda Cass. I, n. 7773/2012).

Anche la malattia psichica di uno dei due genitori potrebbe precludere, in concreto, l'affidamento condiviso nel caso in cui consentisse l'esercizio della responsabilità genitoriale ovvero di valutare adeguatamente le decisioni da assumersi nell'interesse della prole.

Come già chiarito, la valutazione deve necessariamente essere in concreto, cioè effettata caso per caso e con riferimento alle singole e specifiche peculiarità. Rileva in merito Trib. Milano, 27 novembre 2013 (in personaedanno.it) in fattispecie caratterizzata da una genitrice affetta da sindrome bipolare ed in concreto non ritenuta causa ostativa all'affidamento condiviso. Nel dettaglio il Tribunale ha affermato che l'affidamento esclusivo dei minori se giustificato dalla sola patologia del genitore «costituirebbe non espressione dell'art. 155 c.c. bensì applicazione mera dello stigma sociale». Nella specie, nel recepire l'accordo raggiunto dalle parti, è stato evidenziato che la donna, pur affetta da sindrome bipolare, era sottoposta a trattamento terapeutico, teso ad inibire le manifestazioni maniacali, ed è stata valorizzata, soprattutto, la non emersione di elementi concreti per accertare l'effettivo nocumento per i minori o il pericolo di danno per gli stessi.

Le modalità attraverso le quali il genitore esercita la responsabilità genitoriale possono parimenti essere indicative della inopportunità che allo stesso possa essere affidato il figlio in via esclusiva.

L'eccessiva presenza assillante, il controllo ossessivo della salute del genitore nei confronti del figlio, tale da generare ansia ed insicurezza, sono stati infatti stigmatizzati dalla Suprema Corte quali comportamenti idonei a consentire l'affidamento esclusivo (Cass. I, n. 11068/2011).

Recentemente è stata altresì annullata con rinvio la decisione di conferma dell'affidamento condiviso, in un caso di rifiuto da parte del figlio nei confronti della figura paterna, senza tuttavia effettuare una previa valutazione dell'idoneità dei genitori ed in particolare della madre, accusata dal padre di aver, con la propria condotta, ostacolato il rapporto padre-figlio. Nella fattispecie, peraltro, il ricorrente aveva denunciato un'ipotesi di possibile sindrome da alienazione parentale (PAS) ma Cass. I, n. 6919/2016, non soffermandosi sulla validità scientifica della stessa, ha ritenuto esclusivamente necessario accertare la veridicità delle denunciate condotte del genitore affidatario tese ad allontanare il figlio dall'altro genitore (in merito si veda anche Cass.I, n. 7041/2013). In particolare è stato ritenuto che la decisione afferente alla modalità di affidamento ed al collocamento di un figlio minore debba essere supportata da una previa valutazione dell'idoneità dei genitori a garantire una sana ed equilibrata crescita che non può prescindere dalla valutazione della capacità di riconoscere le esigenze affettive del figlio anche mediante la capacità di garantire il mantenimento delle relazioni parentali (Cass.I, n. 6919/2016 che, sul punto, ha confermato il proprio consolidato orientamento, da ultimo in argomento Cass. I, n. 13217/2021).

La motivazione del provvedimento

Nel caso in cui ritenga di disporre l'affidamento esclusivo, il Giudice è tenuto a motivare adeguatamente la decisione. A tale modalità di affidamento può difatti derogarsi solo ove la sua applicazione risulti «pregiudizievole per l'interesse del minore».

Ciò comporta che l'eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non solo, in positivo, sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche, in negativo, sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell'altro genitore (Cass. VI-I, n. 24526/2010; in merito alla motivazione si veda anche, più di recente, Cass.I,n. 27/2017).

Bibliografia

Arceri, I provvedimenti riguardo ai figli, in Sesta (diretto da), Codice della famiglia, Milano, 2015; Auletta, Della famiglia, Commento agli artt. 155-155 sexies c.c., in Gabrielli (diretto da), Commentario del codice civile, Torino, 2010; Bianca, Diritto civile, La Famiglia 2.1., Milano, 2014; Carrano, in Bianca (a cura di), Filiazione, commento al decreto attuativo. Le novità introdotte dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, Padova, 2014; Cospite, sub art. 337 quater c.c., in Zaccaria (a cura di), Commentario breve al diritto della famiglia, Padova, 2016; Morace Pinelli, I provvedimenti riguardo ai figli, in Bianca (a cura di), La riforma della filiazione, Padova, 2014; Zanetti Vitali, La separazione personale dei coniugi, artt. 155-155 sexies c.c., artt 708-709-ter c.p.c., Artt. 3-4- l. 8 febbraio 2006, n. 54, in Schlesinger (diretto da), Il codice civile Commentario, Milano, 2006.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario